Pride

Recensione del 1 settembre 2014 di Silvio

Regia: Matthew Warchus - GB 2014.

Spinto dal tam-tam natalizio e dall' articolo di Gramellini, sono andato a vedere Pride, commedia social-popolare inglese. Ambientata nel periodo del governo di Margaret Thatcher, il film racconta una storia vera, il supporto di un gruppo di omosessuali alla lotta dei minatori per impedire la chiusura delle miniere di carbone. Un gruppo di attivisti omosessuali, notando come la stampa e il governo dipingano i minatori in lotta per mantenere aperte le miniere di carbone come proletari, antiquati e gallesi, quindi "diversi", esattamente come gli omosessuali, decidono di sostenere la loro lotta iniziando a raccogliere fondi. Dopo aver ottenuto rifiuti dalle organizzazioni ufficiali, preoccupate per la cattiva pubblicità derivante, decidono di contattare direttamente una comunità di minatori, che dopo l'iniziale iniziale disorientamento accettano la comunità gay senza (quasi) nessun preguidizio; il rapporto di reciproca stima cresce durante tutto il film. Come supporto alla lotta dei diritti degli omosessuali, il sindacato minatori decide di partecipare al Gay pride dell'anno successivo.


Nonostante gli sfracelli compiuti durante il suo governo, la Thatcher si è rivelata una fonte inesauribile per la cinematografia britannica. In questo caso gli sceneggiatori hanno lasciato presto cadere la contestualizzazione storica, muovendosi sul sicuro binario della contrapposizione di due mondi appartentmente diversissimi che dopo una serie di eventi, quali la fredda conoscenza, la successiva scoperta di un elemento comune in grado di rompere la diffidenza (il ballo), la presenza del cattivo, lo scoramento ai tre quarti del film, seguito dal riscatto corale per arrivare tutti insieme al lieto fine. Una sceneggiatura studiata a tavolino, che da subito si muove su schemi collaudati e pigia i tasti emozionalmente giusti, senza concedersi sorprese, puntando su dialoghi serrati e ben fatti, un ottimo cast e sull'accettazione della "diversità", sia essa abitudine sessuale, estrazione proletaria o semplice provenienza gallese. E nonostante l'evoluzione sia scontatissima, il film funziona. Ci si lascia presto coinvolgere dalla storia, si ride e si partecipa alle vicissitudini del film e credo che alla fine solo la Thatcher può riuscire a trattenere un fremito di commozione. Un ultima nota: il film termina con la ripresa delle attività in miniera e la partecipazione riconosciente dei minatori al Gay Pride, ma non ci dice che la lotta dei minatori si è in seguito tramutata in una disfatta, con la chiusura negli anni successivi, di quasi tutte le miniere. Ma il film non vuole essere denuncia sociale, ma pura evasione, e a questo scopo, come già detto, funziona benissimo. Silvio




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