IO SONO LI

Recensione del 10 gennaio 2020 di Jechenoz

Regia: Andrea Segre - Italia 2011.

Lontano dalle grandi produzioni Io sono Li è un film che sa suscitare intense emozioni raccontandoci, con realismo e poesia, le tristezze e le speranze di chi, alla ricerca di una vita migliore, raggiunge il nostro paese dai quattro angoli del mondo. Opera prima di un regista trentacinquenne, il ci parla dell’immigrazione cinese, una realtà di cui si sa poco poiché è per lo più ignorata dalla nostra stampa. Eppure la Cina non è mai stata così vicina a questo Occidente in pieno declino economico. La storia della clandestina Shun Li comincia a Roma dove cuce camicie, sfruttata dai suoi connazionali, sognando di potersi ricongiungere col figlio di otto anni rimasto in Cina col nonno.


Un evento che si verificherà solo quando avrà ripagato, con gli interessi, l’impegno economico dei due viaggi all’organizzazione. Da un giorno all’altro, le cambiano lavoro e la spediscono a Chioggia a fare la barista in un’osteria frequentata da pescatori. Qui conosce Bepi, un poeta pescatore avanti con gli anni, di origine slava. Diventano amici, ma quello che è un semplice incontro tra due solitudini scatena la fantasia e suscita il pregiudizio da parte degli altri avventori del locale. “Le cinesi sono furbe, si fanno sposare dagli anziani per portargli via tutto”, e poco importa se Bepi non possiede che un malconcio casotto da pescatore. Quanto ai cinesi, padroni della libertà della donna, non vogliono finire al centro di pettegolezzi: ne risentirebbero i loro guadagni e, quindi, la storia deve finire... Andrea Segre ha all’attivo una decina di documentari e si è occupato attivamente delle tematiche legate all’immigrazione (A sud di Lampedusa, Come un uomo sulla terra, Il sangue verde).


In questo suo primo lungometraggio ci racconta il nordest senza esasperare i toni: da una parte i pescatori in certi momenti buoni, in altri cattivi e pieni di pregiudizi come solo sanno esserlo le persone normali, dall’altra parte i cinesi, richiusi nella loro comunità di sfruttati e sfruttatori. In mezzo Chioggia, fotografata con maestria da un grande Luca Bigazzi, con la nebbia, l’acqua alta, la laguna e, nei momenti di sereno, lo scenario maestoso delle Dolomiti che sovrastano il mare. Un piccolo grande film, intelligente e tenero, capace di gettare un ponte al di là dei pregiudizi. L’altro che arriva non è poi così diverso da noi. La migrazione da una terra all’altra è un fenomeno secolare e inarrestabile, se lo mettano bene in testa tutti coloro non lo vogliono accettare, il mondo è di tutti e a niente serviranno i rimpatri, le leggi speciali o, peggio, i centri di detenzione, veri e propri lager di questi tempi bui.



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