HANNAH ARENDT

MER 27 NOVEMBRE 2019

Regia: Margarethe von Trotta - Sceneggiatura: Pamela Katz, M. von Trotta - Fotografia e montaggio: Caroline Champetier - Interpreti: Barbara Sukowa, Axel Milberg, Janet McTeer, Julia Jentsch, Ulrich Noethen, Michael Degen, Klaus Pohl - Germania 2011/2012, 100'.


Il racconto di uno dei momenti cruciali nella vita di una delle maggiori filosofe tedesche del secolo scorso. Nel 1961 Hannah Arendt è a Gerusalemme come inviata del New Yorker per scrivere del processo contro il gerarca nazista Adolf Eichmann. È convinta che stia per assistere al faccia a faccia con un mostro. Si ritrova invece davanti a un banale burocrate. A partire da questo fatto biografico prende forma il ritratto intenso di una donna coraggiosa e decisa.

La pellicola racconta della filosofa Hannah Arendt (1906-1975), dell'analisi e delle osservazioni fatte da lei durante il processo contro Adolf Eichmann. Ritratto profondo e a tutto tondo di una intellettuale d'eccezione del XX secolo, il film rivolge lo sguardo anche agli immigrati ebrei provenienti dalla Germania nella New York degli anni '60, diventando una testimonianza importante delle storie di quel particolare gruppo di persone. Nel 1960 il criminale nazista Adolf Eichmann viene rapito in Argentina e portato in Israele dove viene poi processato. La scrittrice e filosofa Hannah Arendt, ebrea tedesca, si reca a Gerusalemme per conto della rivista The New Yorker. Nel 1933 Arendt aveva abbandonato la Germania e dal 1941 si era stabilita a New York. Lo stupore è grande quando l'incriminato si rivela essere un burocrate mediocre. Del mostro o del genio criminale non c'è ombra. Di dialogo in dialogo - tra la filosofa e il marito Heinrich Blücher, tra lei e gli amici di vecchia data, Hans Jonas, Kurt Blumenfeld e Mary McCarthy, e tra lei e la segretaria Lotte Köhler - lo spettatore apprende particolari della sua biografia e le ragioni politico-filosofiche dietro alla sua posizione. Al racconto si alternano frammenti della vita passata in Germania e del rapporto con il filosofo Martin Heidegger. Dopo due anni di lavoro intenso, l'articolo viene pubblicato nel 1963 in cinque parti. Già dopo l'uscita della prima il testo provoca uno scandalo su scala internazionale. Hannah Arendt si trasferisce in campagna per sfuggire all'attenzione pubblica. Anche tra i suoi amici c'è chi la critica duramente, accusandola di minimizzare l'Olocausto. La sua carriera accademica sembra in bilico e il Mossad, il servizio segreto israeliano, le chiede di rinunciare a raccogliere gli articoli in un libro (La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme). Arendt rimane però impassibile e non si tira indietro di fronte al confronto con chi la critica. Nelle lezioni universitarie che tiene d'ora in poi le aule sono gremite, gli studenti ascoltano con interesse le sue analisi e le sue impavide conclusioni. Proprio agli occhi delle generazioni più giovani la sua concezione della natura umana, il suo senso di responsabilità personale e l'impegno che c'è dietro al suo pensiero fanno di lei una guida. (Ralph Eue, www.goethe.de)


Dall'inizio alla fine il film mostra molto bene il lavoro intellettuale della Arendt. L'interpretazione impeccabile di Barbara Sukowa, la sua eleganza, i dialoghi intensi con il marito, gli amici e i suoi studenti, persino gli interni della sua abitazione newyorchese: ogni particolare racconta lo stile del suo lavoro. La von Trotta mostra, più che in altre sue opere precedenti, una pacatezza di giudizio che ci invita a procedere allo stesso modo. (Glauco Maria Genga)

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