TUTTI PAZZI A TEL AVIV

MER 23 E GIO 24 OTTOBRE 2019

(Tel Aviv on Fire) Regia: Sameh Zoabi - Sceneggiatura: Dan Kleinman, S. Zoabi - Fotografia: Laurent Brunet - Montaggio: Catherine Schwartz - Interpreti: Kais Nashif, Lubna Azabal, Yaniv Biton, Maisa Abd Elhadi, Nadim Sawalha, Salim Dau, Yousef 'Joe' Sweid, Amer Hlehel, Laëtitia Eïdo - Lussemburgo/Francia/Belgio/Israele 2018,100’, Academy Two.


Salam, 30 anni, vive a Gerusalemme e lavora a Ramallah. È stato assunto da uno zio come stagista sul set di una famosa soap opera palestinese. Ogni giorno, per raggiungere lo studio televisivo, deve passare dal rigido checkpoint israeliano, sorvegliato dai militari del comandante Assi. Poiché la moglie di Assi è una fan della serie televisiva, e Salam si è spacciato per sceneggiatore, Assi esige di farsi coinvolgere personalmente nella stesura della storia. In un primo tempo, la carriera di Salam ne beneficia, al punto che viene assunto per scrivere il seguito, peccato, però, che l'ufficiale israeliano e i finanziatori arabi non intendano il finale nello stesso modo. A Salam servirà un colpo di genio per risolvere il problema. Miglior Attore a Venezia 2018.

Sameh Zoabi, sceneggiatore e regista palestinese, già nei sui film precedenti aveva cercato una chiave per raccontare il conflitto interno legato alla difficile condivisione dei territori con Israele. Un problema di culture e politiche che si riflette inevitabilmente sulla vita di tutti i giorni. Trovare un modo per raccontare tutto questo non sempre è facile perché si può essere fraintesi e, confessa lo stesso regista, accusati di fare film “eccessivamente palestinesi o inadeguatamente israeliani”. (…) La vicenda, quella di un aspirante sceneggiatore di una soap prodotta a Ramallah, ben si presta allo humour corrosivo che colpisce le caratteristiche entrambe le tradizioni. Salam, il protagonista, dovendo dar vita a un ebreo si fa aiutare da Assi, il capitano israeliano del posto di blocco che è costretto a passare ogni giorno. Tra vivaci scambi di idee e humus condivisi, tra i due i punti di contatto si mostrano sempre più evidenti, anche quando litigano per quale piega far prendere alla soap. Fino al colpo di scena finale, che fa letteralmente saltare ogni barriera. È in questo senso particolarmente interessante che una parte dell’ambientazione sia proprio un posto di blocco, frontiera fisica culturale e mentale. Corrispettivo reale delle differenze che la soap fa rivivere sul set. La vita è un film, il finale è nelle mani degli uomini. (Greta Leo, www.cinematografo.it)


Tel Aviv on fire affronta l'occupazione, l'abuso di potere, persino (o più che mai) l'irrazionalità di alcuni noti comportamenti dei due fronti, su un piano traslato, quello della messa in scena fittizia (e piuttosto becera) della soap, e lo fa per dire che un dialogo è possibile, un finale è possibile, persino una nuova stagione, forse: a patto di ascoltarsi, per quanto pessime e incondivisibili possano sembrare all'inizio le idee dell'altro. (…) Il regista si diverte a mettere il suo dinoccolato protagonista in una situazione complicata e potenzialmente "esplosiva" (…), per vedere come se la caverà alle prese con prospettive così comicamente divergenti, che potrebbero però avere drammatiche conseguenze reali. Anche il mondo apparentemente più lontano dalla politica che si possa immaginare, come quello dell'intrattenimento televisivo per signore, in un clima sociale perennemente sul punto d'infiammarsi non è immune da responsabilità. Salam, insomma, dovrà farsi venire una buona idea. Sameh Zoabi, nel piccolo del suo film, ce l'ha avuta. (Marianna Cappi, www.mymovies.it)

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