COPIA ORIGINALE

MER 20 E GIO 21 MAGGIO 2020

(Can You Ever Forgive Me?) Regia: Marielle Heller - Sceneggiatura: Nicole Holofcener, Jeff Whitty dall'autobiografia di Lee Israel - Fotografia: Brandon Trost - Montaggio: Anne McCabe - Interpreti: Melissa McCarthy, Richard E. Grant, Dolly Wells, Jane Curtin, Ben Falcone, Anna Deavere Smith, Stephen Spinella, Julie Ann Emery, Joanna Adler, Jennifer Westfeldt - USA 2018, 106', Fox.


New York, 1991. Lee Israel ha talento ma un pessimo carattere. che le aliena ogni possibilità di carriera. Quando viene licenziata, deve trovare un altro modo per sbarcare il lunario e per curare il suo adorato gatto. Una lettera di Fanny Brice, rinvenuta in un libro della biblioteca e venduta a 75 dollari, le danno l'idea. Biografa talentuosa, mette a frutto la sua conoscenza della materia e il suo talento di scrittrice: seduta alla macchina da scrivere compone finte lettere di grandi autori scomparsi..

Grazie alla sua profonda conoscenza delle biografie e dei caratteri di dive e divini come Marlene Dietrich, Dorothy Parker e Francis Scott Fitzgerald, unitamente a una batteria di vecchie macchine da scrivere e qualche metodo furbo per falsificare le firme, Lee Israel crea oltre 400 lettere fasulle. Ad aiutarla c'è Jack Hock (Richard E. Grant), un fascinoso spiantato ex scrittore che, a differenza della donna, ci sa parecchio fare con le persone. L'impresa truffaldina dei due è chiaramente destinata al fallimento, ma sarà l'occasione per Lee di guardare dentro tutto il suo dolore. (?) Melissa McCarthy fa un lavoro davvero encomiabile nel rendere intrigante il carattere scostante, ruvidissimo del suo personaggio. (?) Anche Jack non è uno stinco di santo e anzi, sotto i suoi modi irresistibili di gay impenitente e libertino nasconde una superficialità e un egoismo che mette spesso in forse il bizzarro rapporto di amicizia sviluppato con la protagonista. Lee però occupa tutta la scena: un evento più unico che raro per una donna over 50, sovrappeso, antipatica, egoista, misantropa e genuinamente cattiva. Il crimine che commette le dà un bizzarro scopo nella vita. Oltre al benessere della sua gatta, quello che Lee sembra desiderare più di ogni altra cosa è una connessione col mondo arguto e dissacrante in cui vivevano le celebrità di cui forgia le lettere. "Io sono una Dorothy Parker migliore della stessa Dorothy Parker!". Così sbotta Lee, quando il film e la vita la mettono alle strette e ne smontano le difese. Anestetizzata da decenni di insuccessi, cattiveria e alcol, troviamo una donna incapace di affrontare il dolore umano e professionale passato, così accecata dalla disperazione da non vedere l'amore e l'amicizia nel presente. Quello di Copia originale insomma è un grande ritratto al femminile. (Elisa Giudici, www.mondofox.it)


Ci sono tanti messaggi in Copia originale, tante critiche ad una società e ad alcuni ambienti di lavoro che indubbiamente chiedono di apparire prima ancora di essere. Tutto questo è raccontato con malinconica ironia e sferzante cattiveria. (?) Riconoscersi in quella disprezzabile e allo stesso tempo amorevole "ribelle" della Israel, è qualcosa che fa stare bene. Copia originale è uno spaccatto irriverente, intelligente e mai banale sulle enormi differenze che intercorrono tra l'essere e l'apparire. Probabilmente la miglior performance di sempre della McCarthy, che rende il suo personaggio, Lee Israel, così controverso e particolare da riuscire persino a farsi volere bene. Una biopic scritta e diretta con consapevolezza e capacità, che merita di essere vista, fosse solo per gli splendidi dialoghi tra la McCarthy e Grant. (Roberto Vicario, gamesurf.tiscali.it)

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