Las Acacias

Recensione del 10 gennaio 2020 di Piero

Regia: Pablo Giorgelli - Argentina 2011.

Ruben è un camionista di mezza età, silenzioso, solitario, impenetrabile e duro che da più di 30 anni trasporta con il suo vecchio autotreno Scania, enormi carichi di tronchi di acacia (da cui il titolo), dalle foreste del Paraguay a Buenos Aires. Ruben è come un vecchio tronco del suo carico, sradicato uno dalla terra e l'altro dalla vita, apparentemente rinsecchito e rassegnato alla vuota e solitaria ripetitività della sua esistenza. Ma un giorno si trova a dare un passaggio a Giacinta, una giovane donna indios che deve raggiungere Buenos Aires per trovare lavoro, insieme a sua figlia di 5 mesi, la stupenda Anahi, e ad una infinità di ingombranti borsoni.


E' un carico destabilizzante per Ruben, un carico vivo, diverso dai rassicuranti tronchi che si intravedono nello specchietto e che da sempre lo accompagnano, un carico che mette disagio e imbarazza, un carico che silenziosamente e umilmente quasi mendica un briciolo di attenzione. E così inizia questo viaggio "on the road" attraverso le strade del Sudamerica, tutto vissuto nei 2 mq di una cabina di camion che dilatano sino a rendere quasi soffocante la distanza tra due vite fragili, solitarie e offese (stupendo il lavoro dell'obiettivo che sembra non trovare spazio nella cabina e mette a fuoco uno, con i suoi pensieri, mentre sfoca l'altro e viceversa..).


Da subito il rapporto si caratterizza per gesti bruschi e insofferenti, forzato distacco, scortesia, voglia di scaricare gli ingombranti intrusi prima del tempo, in un totale e imbarazzante silenzio dove, l'unica colonna sonora, è il motore del camion e delle marce scalate.. Ma poi ecco che piano piano (come i chilometri che scorrono lenti), gli sguardi timidamente si incrociano e l'imbarazzo lentamente si scioglie, ecco uno sbadiglio, un sorriso della piccola Anahi e la tensione inizia a scemare: prima un gesto, poi uno sguardo, poi una timida parola e il clima cambia, lasciando spazio a piccole confidenze, amichevoli e complici attenzioni, piccole gentilezze, voglia di aprirsi (ma che fatica, che fatica?.), di conoscersi, di spiarsi, di farsi del bene, di proteggersi, di essere complici e addirittura gelosi. Una bella, piccola e silenziosa storia "on the road" di 1500 km.


E' un film nel quale i dialoghi possono al massimo riempire mezza pagina ma nel quale, per descrivere gli sguardi e le cose non dette, non basterebbero centinaia di pagine. Dietro ad una parola c'è il senso di una parola, dietro ad uno sguardo ci possono essere mille parole, dietro ad un sorriso e ad un silenzio un universo di parole e cose non dette, taciute per timidezza e pudore, impossibili da palesare, raccontare, esprimere.. E alla fine è bello sapere che ci sarà un seguito, che nel vecchio tronco rinsecchito scorre ancora la vita, voglia di nuove foglie e di nuovi rami, spazio e energia per nuove primavere. Ecco un film che sintetizza con delicatezza e garbo quanto affermava Robert Bresson: "una delle più grosse invenzioni del cinema sonoro è il silenzio".


In questa opera prima dell'Argentino Pablo Giorgelli, vincitrice a Cannes nel 2011 della "Camera d'or", c'è la rara capacità di porre le immagini al centro della storia come voce narrante e di riempire di contenuti i silenzi. Mi raccomando, se andate a vederlo, non spazientitevi nei primi 5 minuti?, fatevi accompagnare dal ritmo pacato della storia e dal motore stanco del vecchio Scania in sottofondo

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