FAHRENHEIT 11/9

GIO 18 GIUGNO 2020

Regia e sceneggiatura: Michael Moore - Fotografia: Luke Geissbuhler, Jayme Roy - Montaggio: Doug Abel, Pablo Proenza - USA 2018, 128', documentario, Lucky Red.


Uno sguardo provocatorio e sarcastico sull'epoca in cui viviamo. Michael Moore porta la sua attenzione sul 9 novembre 2016, giorno in cui Donald Trump è stato eletto 45esimo Presidente degli Stati Uniti. L'ultimo documentario di Michael Moore è un affresco liberale e anticonservatore che non prende di mira solo l'amministrazione degli Stati Uniti, ma anche le politiche dei Democratici e dei Repubblicani che hanno portato all'attuale situazione.

Lucido, ironico, grottesco, impavido: nella ricostruzione, nello stile asciutto, nel tono aspramente critico e provocatorio, nelle radicali prese di posizione, nell'urgenza che assume ogni suo film. Una firma riconoscibile anche dai meno avvezzi quella di Michael Moore, che ci ha abituato negli anni ai suoi racconti del reale, sarcastiche e accorate fotografie di un'America frastornata, contraddittoria eppure appassionata, ma più in generale del mondo e della necessità di agire. (?) Il tono provocatorio con cui Moore continua a narrare in un lungo flashback le vicende che avrebbero portato all'elezione di Trump, non risparmia nessuno, neanche i democratici a cui ascrive gran parte delle responsabilità: le primarie truccate a favore della Clinton, lo scollamento dal paese reale, la perdita di un'identità per paura di mostrarsi troppo di sinistra e la scelta del compromesso, sintetizzata da quell'unica terribile immagine di Obama che beve un bicchiere dell'acqua avvelenata di Flint, avallando e legittimando l'operato del governatore del Michigan, Rick Snyder. Repubblicano e braccio destro di Trump, Snyder nel 2014 fece costruire un nuovo acquedotto spostando la fonte di approvvigionamento dal Lago Huron alle acque molto più inquinate, ma meno costose, del Flint River. Molti, soprattutto bambini, si ammalarono di legionella, altrettanti morirono per l'alta concentrazione di piombo presente. Antefatti che spianarono la strada all'attuale presidente degli Stati Uniti, che Moore ci mostra in una pericolosa escalation di onnipotenza fino all'imbarazzo della vittoria finale. (?) "L'America che voglio salvare è quella che non abbiamo mai avuto", sentenzia Moore, quasi in chiusura di quello che potremmo definire forse uno dei suoi documentari più amari e commoventi, persino disperato nel lanciare l'invito ad agire subito, prima di potersi chiedere: "Qual è stato il momento in cui potevamo invertire la rotta?". (Elisabetta Bartucca, www.movieplayer.it)


Moore compie in questo film una bellissima e commossa panoramica di queste varie esperienze di lotta e di partecipazione dal basso, ancora poco note in Europa, che costituiscono però secondo il regista l'unica possibile spina nel fianco del successo tossico di Trump. Sono finiti i tempi di Wesley Clark (l'ex generale centrista candidato alle primarie presidenziali che lo stesso Moore anni fa sostenne), oggi sono gli insegnanti delle scuole pubbliche del West Virignia o la diciottenne Emma Gonzalez (quella che Leslie Gibson, una delle leader del Partito Repubblicano, ha definito una «skinhead lesbian») i veri protagonisti di un'America di sinistra che vuole svegliarsi dall'incubo del trumpismo. (?) Il radicale e arrabbiatissimo film di Moore (che non si risparmia nemmeno una violenta stoccata a Barack Obama) è il segno che qualcosa in America sta accadendo. Anche nel punto più basso della sua crisi democratica. (Pietro Bianchi, www.cineforum.it)

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